La gestione del portatore di virus dell'epatite B tra specialista e medico di medicina generale

10 Marzo 2001

Sala Convegni Hotel Euro

Via N. Sauro, Cascina - Pisa

Programma

10:00 Saluti delle Autorità ed apertura del convegno

 

10:10 Moderatore: Ferruccio Bonino, Direttore dell'Unità Operativa Gastroenterologia ed Epatologia, Azienda Ospedaliera Pisana:

Presentazione dell' U.O. Gastroenterologia ed Epatologia dell'Azienda Ospedaliera Pisana

 

10:20 L. Puccetti:

Presentazione dell'Associazione PROMED Galileo

 

10:30 M.R. Brunetto, Responsabile del Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Terapia delle Epatopatie Croniche,

Azienda Ospedaliera Pisana:

Il portatore di virus dell'epatite B: gestione da parte dello specialista

 

11:00 A. Del Punta; A. Viganò medici di Medicina Generale, specialisti in Gastroenterologia, associati PROMED Galileo:

Il portatore di virus dell'epatite B: gestione da parte del medico di medicina generale

 

11:30 COFFEE BREAK

 

11:45 F. Oliveri, Dirigente 1 Livello dell'Unità Operativa Gastroenterologia ed Epatologia, Azienda Ospedaliera Pisana:

Rischio di epatocarcinoma nel portatore di virus dell'Epatite B

 

12:15 G.Caprio, Presidente dell' Associazione Italiana Trapiantati di Fegato Delegazione Toscana:

Il punto di vista del paziente ed il ruolo del volontariato.

 

12:30 Discussione generale

 

13:00 F. Bonino:

Conclusioni

 

Abstracts Relazioni Principali

Il portatore di virus dell'epatite B: gestione da parte dello specialista.

Maurizia Rossana Brunetto - U.O. Gastroenterologia ed Epatologia, Spedali Riuniti Santa Chiara - Pisa

Il virus dell'epatite B (HBV) non è un virus direttamente citopatico: infezione e replicazione virale non necessariamente comportano l'induzione di danno epatico. Quest'ultimo deriva dall'interazione fra HBV e sistema immune del soggetto infettato, una volta che gli antigeni virali espressi durante la replicazione virale vengono riconosciuti come estranei e conseguentemente si produce da parte del sistema immune una risposta cellulo-mediata specifica nei loro confronti. L'efficienza di tale risposta e la capacità del virus di sfuggirle condizionano l'evoluzione dell'infezione e malattia, con possibile rapido controllo della replicazione virale e spegnimento del danno oppure ripetizione dei tentativi di eliminazione, condizione tipica dell'epatite cronica. Nel corso di infezione cronica da HBV si possono distinguere 3 fasi: una condizione di "tolleranza immunologica" nel corso della quale si ha florida replicazione virale in assenza di significativo danno epatico; una fase di attivazione immunologica caratterizzata da presenza di marcatori di danno virus indotto, fluttuazione della viremia ed evidenza di danno epatico ed una fase di "controllo immunologico efficace", nel corso della quale i livelli replicativi sono estremamente bassi, sono assenti i marcatori di danno virus indotto e segni di danno epatico. Da quanto detto, dal momento che presenza di marcatori di infezione non vuol dire presenza di epatite cronica, appare chiaro che il primo momento nella gestione del soggetto portatore di infezione da HBV consista nell'individuazione dei portatori con danno epatico virus indotto. Il livello massimo di specificità diagnostica sarebbe raggiunto con la dimostrazione degli effettori del danno, cioè dei linfociti specificamente attivati nei confronti di HBV, ma gli attuali strumenti diagnostici non lo rendono possibile se non con procedure invasive quali la biopsia epatica. Gli anticorpi di classe IgM prodotti contro il bersaglio principale della risposta cellulo-mediata (l'antigene nucleocapsidico), risultano essere il marcatore surrogato più sensibile e specifico per la diagnosi eziologica. La presenza di elevati livelli di anticorpi anti-HBc IgM viene considerato diagnostico di epatite acuta. In realtà, tale anticorpo è presente a livelli più bassi anche nei soggetti con infezione cronica e danno epatico, mentre è assente nei portatori di infezione sani. La presenza di tale marcatore permette di porre diagnosi di epatite da HBV. L'epatite cronica anti-HBe positiva è attualmente la forma di epatite più prevalente in Italia: per il suo profilo di malattia (caratterizzato in oltre il 60% dei casi da esacerbazioni epatitiche intercorrenti con fasi di remissione biochimica completa) talora la sua identificazione non è facile, ponendo la necessità di diagnosi differenziale con la condizione di portatore sano. L'utilizzo del marcatore di danno virus indotto (IgM anti-HBc) permette di identificare con elevata sensibilità e specificità tali pazienti. Una volta identificati i pazienti affetti da epatite cronica, definita la fase dell'infezione (HBeAg o anti-HBe positiva) e il profilo biochimico di malattia, stadiato il danno dal punto di vista istologico è opportuno procedere ad una valutazione circa l'indicazione a trattamento antivirale specifico. Quest'ultimo è finalizzato ad un controllo sia dell'infezione che della malattia epatica ai fini di arrestarne la progressione verso la cirrosi e le sue complicanze. Negli ultimi anni lo spettro delle armi terapeutiche disponibili si è significativamente ampliato e oltre all'interferone (farmaco in grado di bloccare il ciclo biologico del virus e di modulare l'attività del sistema immune) si sono resi disponibili farmaci in grado di inibire selettivamente la replicazione del virus (gli analoghi dei nucleosidi), quali la lamivudina. Un adeguato e concertato utilizzo di tali farmaci permette di giungere ad un controllo più efficace dell'epatite cronica B.

Rischio di epatocarcinoma nel portatore di virus dell'Epatite B

Filippo Oliveri, U.O. Gastroenterologia ed Epatologia, Spedali Riuniti Santa Chiara - Pisa

Il carcinoma epatocellulare nella stragrande maggioranza dei casi si associa alla cirrosi, di cui rappresenta l'estrema evoluzione. Nel nostro paese la principale causa di cirrosi e` costituita dall'infezione cronica da virus epatitici; tra questi, tuttavia, solo per il virus dell'epatite B (HBV) vi sono dati in grado di dimostrare una attività oncogenetica diretta. Infatti, accanto ai dati epidemiologici che evidenziano la correlazione tra infezione da HBV ed epatocarcinoma (sia in pazienti con cirrosi che in soggetti senza malattia epatica cronica), vi sono molteplici dati sperimentali in vitro e nel modello animale che provano la capacità di HBV di indurre trasformazione neoplastica. Infine la prova conclusiva sulla responsabilità diretta di HBV nella carcinogenesi epatica viene dai risultati della campagna di vaccinazione anti-epatite B: uno studio condotto a Taiwan, regione ad alta endemia per infezione da HBV e ad elevata incidenza di carcinoma epatocellulare, dimostra la significativa riduzione dell'incidenza di epatocarcinoma tra i bambini di età compresa tra 6 e 14 anni dopo l'introduzione della vaccinazione anti-epatite B nel 1984. Il tasso medio di incidenza annuale (per 100.000 bambini) è infatti calato da 0,7 (anni 1981-84) a 0,36 (anni 1990-94). Anche il trattamento dell'epatite cronica B (quando risulta efficace) sembra inoltre in grado di prevenire lo sviluppo di cirrosi ed epatocarcinoma. Dati più recenti hanno messo in evidenza un ruolo del virus dell'epatite B nella patogenesi del carcinoma epatocellulare anche in soggetti HBsAg negativi con marcatori anticorpali di infezione da HBV e malattia epatica ad eziologia virale (infezione da virus dell'epatite C, HCV) o non virale (tossica da alcol). In particolare nei pazienti con epatite cronica e cirrosi da HCV il trattamento con interferone (IFN) può ridurre l'incidenza di epatocarcinoma, ma tale effetto non si osserva nel sottogruppo di pazienti con positività per marcatori anticorpali dell'HBV. In un altro studio condotto su pazienti con epatopatia cronica da HCV sottoposti a resezione epatica per comparsa di un piccolo epatocarcinoma e` stato valutato l'impatto di una pregressa esposizione all'infezione da HBV (positività` per anti-HBc) sulle caratteristiche dell'epatopatia e della neoplasia: nei pazienti anti-HBc positivi e` stata rilevata una minor prevalenza di cirrosi, una minor frequenza di tumori ben differenziati ed una sopravvivenza meno lunga rispetto a quanto osservato nei soggetti anti-HBc negativi.

Le conoscenze acquisite su HBV e sul suo ruolo nella carcinogenesi epatica suggeriscono la necessità di:

a) prevenire l'infezione da HBV vaccinando non solo i soggetti sani suscettibili all'infezione, ma anche i pazienti con epatopatia cronica privi di marcatori sierologici di infezione da HBV,

b) trattare i pazienti con epatopatia cronica e marcatori di infezione da HBV per spegnere l'attività necroinfiammatoria e prevenire lo sviluppo di cirrosi e quindi di epatocarcinoma