La dispepsia: ruolo del medico generico e dello specialistica
Dott. Giampaolo Bresci
Azienda Ospedaliera Pisana
U.O. Gastroenterologia, Endoscopia Digestiva e Malattie del Ricambio
Presidio Ospedaliero di Cisanello
via Paradisa 2 56100 Pisa
Primario Dr. Alfonso Capria
Dispepsia è un termine usato per indicare disturbi dell’apparato digerente da sempre maldefinito ma non per questo meno importante non solo per l’ impatto sociale e finanziario che comparta ma anche per il rischio che possa rappresentare la manifestazione di malattie organiche.
La letteratura stima la prevalenza della dispepsia tra il 20-40% con una media del 30% (1,2) . E’ questo un dato sottostimato in quanto solo ¼ dei soggetti con dispepsia si rivolge al medico preferendo minimizzare il sintomo o praticare l’autotrattamento. Di questa minoranza il sesso femminile è il più rappresentato: 27% versus 23% del sesso maschile.Nonostante questa sottovalutazione le visite per dispepsia presso gli ambulatori dei medici di medicina generale sono il 10% di tutte le visite e ben il 40% di quelle per problemi gastroenterologici (3,4).La dispepsia rappresenta quindi un problema reale da affrontare quotidianamente e il sinergismo tra medico generico e specialista può sicuramente essere utile per ridurre i costi e migliorare la qualità di vita di questi soggetti.
La dispepsia rappresenta anche un costo molto elevato a carico della collettività. Studi condotti in Svezia (che ha una popolazione complessiva di circa 8 milioni di abitanti) nel 1985 hanno stimato in 47 milioni di dollari i costi diretti per il trattamento ambulatoriale della dispepsia ed in 350 milioni di dollari i costi indiretti.Tali costi salgono a 944 milioni di dollari usando i prezzi dei 1991. (5,6). I costi, sia quelli diretti che includono le spese per il medico generico, l’intervento dello specialista, gli accertamenti diagnostici, i ricoveri ospedalieri, la terapia che quelli indiretti (assenteismo e qualità di vita) sono mal definibili . I dati IMS per l’Italia relativi al ’92 evidenziano 75 milioni di visite per dispepsia , il 93% delle quali effettuate dal medico generico. In Italia nel 96% dei casi vi è una precrizione terapeutica mentre in Belgio scende al 91%, in Spagna al 79% e in Gran Bretagna al 74%, in Olanda al 54%.. Le spese per medico generico sono valutabili nell’ordine dei 5 miliardi a cui vanno aggiunti i costi dei farmaci valutabili in 88 milioni di presrizioni. I farmaci antiulcera, seguiti dai procinetici, sono i maggiormente utilizzati. Dall’analisi dei dati della letteratura i farmaci antiH2, inibitori della pompa sono utilizzati con uso improprio nel 38% dei casi (prevalentemente nella variante simil-ulcera). A questi costi va aggiunta la problematica dell’H.p. la cui diagnosi (mediante EGDS, istologia, breath test, HPSO) se aggiunta alla terapia eradicante che viene consigliata nel 81% dei casi, supera 1000.000 a pazienti. .
Non abbiamo, invece a disposizione dati italiani sui costi indiretti .Dati nordamericani dimostrano che i lavoratori dispeptici, presentano un numero di giornate di assenza dal lavoro complessivamente superiore a quelle accumulate dai colleghi che presentano sintomi differenti da quelli dispeptici. Il carico netto annuo di assenze dovuto a dispepsia è stato calcolato in circa 10 giorni annui.
E' necessario, pertanto, che il medico, ponga una maggiore attenzione al problema dei costi degli accertamenti diagnostici e dalla terapia consigliata. Il medico deve, in particolare, conoscere l'esatta definizione della malattia diagnostica, la sua prevalenza, l'entità dei costi.
Non dovrebbero essere lasciate soltanto alle industrie interessate le informazioni scientifiche per il medico, ma andrebbero affidate alle sociatà scientifiche che dovrebbero redigere delle Linee Guida.
Troppo spesso il termine "dispepsia" viene utilizzato in modo assai generico per indicare disturbi riferibili in generale a turbe dei processi digestivi.
Troppo spesso ci si è sentiti in grado di gestire i pazienti dispeptici senza avvertire la necessità di approfondire la conoscenza della sindrome probabilmente a causa della sua grande diffusione, della sua relativa benignità,del suo andamento spontaneamente fluttuante,dei suoi rapporti con disturbi psicologici.
Questo atteggiamemento è favorito anche dal fatto che spesso la sintomatologia è aspecifica, il percorso diagnostico lungo e non soddisfacente, e nessuna delle strategie terapeutiche disponibili è in grado di risolvere il problema nella sua globalità.
Ad alimentare questi comportamenti contribuisce anche il fatto che non esiste una definizione universalmente accettata di dispepsia. Specialmente nel mondo anglosassone, il termine dispepsia risulta comunemente un semplice sinonimo di dolore epigastrico, e ciò contribuisce ad alimentare confusione sulla gestione del paziente dispeptico.
Il medico, comunque, deve essere in grado sia di giungere al riconoscimento delle eventuali patologie presenti, che di gestire il più correttamente possibile i pazienti in cui non siano evidenziabili cause organiche.
Diverse definizioni sono state proposte negli ultimi anni alcune al fine di identificare la dispepsia, alcune molto "larghe", tendenti ad includere qualunque sintomo digestivo, altre più ristrette, nel tentativo di caratterizzare un quadro che potesse differenziare le altre sindromi digestive, quali il colon irritabile ed il reflusso gastro-esofageo.
Attualmente si definisce come un insieme di sintomi, episodici o persistenti, localizzati prevalentemente nell’addome superiore (7-9).
Per quanto riguarda il criterio temporale, viene definita cronica la dispepsia insorta da almeno tre mesi.
La dispepsia viene inoltre classificata come :
-organica (o secondaria) quando è possibile riconoscere una patologia a carico dell'apparato digerente, o di altri organi,che possa essere ritenuta responsabile dei sintomi;
-funzionale (o idiopatica) se non può essere attribuita ad alcuna malattia organica, metabolica e sistemica, né può essere associata all'assunzione di farmaci o alcool.
La dispepsia diagnosticata dal medico sulla base del riscontro dei sintomi dispeptici, ma non ancora sottoposta a studi laboratoristico-strumentali, viene definita non-investigata.
E’ comunque opportuno tenere in considerazione la possibilità, assai frequente, della contemporanea presenza di alterazioni sia organiche che funzionali.
La frequente sovrapposizione osservabile nella pratica clinica fra dispepsia, reflusso gastro-esofageo e colon irritabile, sindromi di comunissimo riscontro e che potrebbero presentare aspetti patogenetici comuni, pone il problema dei rispettivo inquadramento. I pazienti che presentano un quadro clinico dominato da pirosi, e/o rigurgito acido, devono essere considerati pazienti affetti da reflusso gastro-esofageo sintomatico (con eventuale dispepsia associata) piuttosto che appartenenti ad uno specifico sottogruppo della dispepsia. Analogamente, i soggetti che presentano prevalentemente sintomi localizzati all'addome inferiore, ed indicativi di patologia intestinale funzionale, devono essere considerati affetti da colon irritabile (con eventuale dispepsia associata).
E’ comunemente ritenuto che circa un 25-30% dei pazienti affetti da dispepsia funzionale presenti anche colon irritabile e/o reflusso gastro-esofageo sintomatico, determinando un complesso quadro di sovrapposizioni fra le tre sindromi .
A causa della grande variabilità delle presentazioni cliniche e della multifattorialità etiopatogenetica, è stata proposta una classificazione della dispepsia funzionale in sottogruppi basati sulla diversa presentazione sintomatologica allo scopo di enucleare gruppi di pazienti con caratteristiche fisiopatologiche maggiormente omogenee. I sottogruppi che vengono comunemete identificati sono denominati:
-dispepsia simil-ulcerosa (ulcer-like dyspespia): se suggestiva per ulcera peptica dove il sintomo predominante è il dolore/fastidio ai quadranti superiori. Devono essere presenti almeno 3 delle caratteristiche seguenti: sede epigastrica, miglioramento con l'assunzione del cibo o dopo l'assunzione di farmaci antiacidi o antisecretori, dolore/fastidio notturno, andamento periodico con remissioni e recidive.
-dispepsia simil-motoria (dysmotility like dyspepsia): se suggestiva per disturbo dello svuotamento gastrico in cui il sintomo predominante è il fastidio ai quadranti superiori. Devono essere presenti almeno 3 dei sintomi seguenti: sazietà precoce, sensazione di ripienezza post-prandiale, nausea, conati e/o vomito, gonfìore localizzato ai quadranti superiori non accompagnato da evidente distensione addominale, fastidio aggravato dai pasti.
-dispepsia non determinata: dispepsia i cui sintomi non rientrano nei criteri di definizione delle forme precedenti.
Tali denominazioni sostituiscono, di fatto sia il termine "dispepsia idiopatica" che quello di "dispepsia non ulcerosa". Il termine "dispepsia non ulcerosa", decisamente confondente e limitativo, è una chiara espressione della identificazione tra dispepsia e patologia peptica che è tuttora largamente diffusa, specie nei paesi anglosassoni. .
Le cause organiche della dispepsia possono (tabella 1) essere molteplici e accanto alle patologie più comunemente conosciute, quali la malattia peptica e le neopiasie dei tratto digestivo superiore, devono essere incluse tra le cause organiche le malattie metaboliche, quali il diabete, o sistemiche, quali le collagenopatie. Benché una chiara relazione tra presenza di litiasi biliare e dispepsia non sia mai stata dimostrata, è comunque opportuno includere pazienti con evidenza di colelitiasi o pregressa colecistectomia nella dispepsia secondaria.
I sintomi dispeptici sono riunibili in due gruppi: da una parte le manifestazioni di tipo doloroso che possono estrinsecarsi con diverse modalità temporali (notturne, diurne, in relazione o meno ai pasti, ecc.) e qualitative (urenti, trafittivi, gravative, ecc.). Dall'altra le manifestazioni sintomatologiche di tipo non doloroso, che costituiscono nel loro insieme, quello che nella letteratura anglosassone è indicato con il termine di "discomfort" (fastidio, malessere), comprendente pesantezza, ripienezza postprandiale, digestione prolungata, sazietà precoce, sensazione di tensione gastrica (distinto dalla distensione addominale visibile), nausea e vomito. In questa ottica, le eruttazioni e l'inappetenza sono considerate solo sintomi di accompagnamento e la loro presenza in assenza di dolore e/o discomfort non giustifica una diagnosi di dispepsia.
Secondo questa definizione la presenza di dolore non costituisce condizione indispensabile per la diagnosi di dispepsia, per cui anche una sintomatologia di discomfort epigastrico,deve essere completamente inquadrata nell'ambito della dispepsia piuttosto che in un contesto di patologia intestinale.
I pazienti che presentano tipico dolore biliare (dolore severo, episodico, localizzato al quadrante superiore destro e/o all'epigastrio, di durata compresa tra una ed alcune ore), anche in assenza di alterazioni biochimiche della funzionalità biliare, sono meglio classificate nell'entità definita come dolore funzionale biliare piuttosto che nella dispepsia funzionale .
I meccanismi fisiopatologici responsabili della genesi dei sintomi, in assenza di cause organiche riconoscibili sono tuttora largamente sconosciuti, anche se diverse ipotesi etiopatogenetiche sono state formulate. L’attribuzione dell'aggettivo funzionale deriva dall'ipotesi che i sintomi possono essere correlati a disordini funzionali del tratto gastroenterico superiore oppure ad alterata percezione di normale funzionalità con una influenza neuro-ormonale.
Gli ipotetici meccanismi fisiopatologici della dispepsia funzionale pevedono il coinvolgimento di :
Fattori irritativi della mucosa esofagogastroduodenale
inappropriata secrezione acida (risposta anomala a stress?)
infezione da Helícobacterpylori (fase prelesionale)
flogosi virale delle terminazioni nervose afferenti (fase prelesionale)
Alterazìoni della motilità dei tratto digerente prossimale
attività contrattile (esofago, antro gastrico, tenue)
attività tonica (fondo gastríco, tenue)
svuotamento gastrico
Fattori psicogeni
reazioni di conversione (alterata risposta a stress)
aumentata percezione delle normali funzioni dei tratto digerente
Allergie alimentari
Alterazioni della funzionalità biliare
composizione della bile
motilità delle vie biliari
La gestione del paziente dispeptico pone diversi problemi al medico di medicina generale, non ultimo quello della definizione del rapporto con lo specialista gastroenterologo.
La disponibilità di terapie efficaci nel controllare la fase acuta ha allontanato, dall'ambito ospedaliero, l'area di competenza della malattia peptica. Il diffondersi inoltre dei servizi di endoscopia ed ultrasuonografia a libero, accesso permette al medico di base di applicare le metodiche strumentali dotate della maggiore specificità e sensibilità nell'individuare la grande maggioranza delle patologie organiche responsabili dei sintomi dispeptici.
Il medico di medicina generale deve pertanto essere ritenuto in grado di gestire direttamente e completamente la maggior parte dei casi, ricorrendo allo specialista solo nelle situazioni più complesse.
Due problemi principali intervengono in modo significativo nella gestione di questi pazienti:
2) la indeterminatezza dei meccanismi fisiopatogenetici, della maggior parte dei pazienti, che costringe tuttora ad una gestione prevalentemente sintomatica e non completamente soddisfacente di questi casi.
Per quanto riguarda il ruolo del medico specialista, questo deve essere coinvolto direttamente del medico generico, nella gestione dei casi più complessi, e dovrebbe inoltre collaborare all'aggiornamento dei medici di base. A questo proposito è da segnalare un'interessante esperienza inglese, nella quale sono stati confrontati i costi per il trattamento farmacologico della dispepsia in due differenti aree dello stesso distretto, in una sola delle quali erano stati avviati programmi di aggiornamento gastroenterologico. E’stato evidenziato come i costi continuassero a crescere nell'area non sottoposta a training, mentre si erano ridotti nella zona oggetto di aggiornamento (10,11).
Il medico di base si configura, pertanto, come l'operatore che gestisce la maggior parte dei pazienti, selezionando, tramite una valutazione clinica e l'uso di esami di prima istanza, i casi da inviare allo specialista, col quale collabora, provvedendo uno scambio di informazioni sui risultati ottenuti dai programmi elaborati
E’ stato già menzionato come solo una parte dei pazienti con sintomi dispeptici giunga all'osservazione dei medico, probabilmente dopo un iter complesso, costituito dall'automedicazione e dai consigli dei conoscenti o del farmacista. Le motivazioni che determinano la decisione di rivolgersi o no al medico curante è influenzata da diversi fattori quali la classe sociale di appartenenza,l’età e lo stato psicologico del paziente (le classi socialmente meno elevate, i pazienti più anziani, psicologicamente labili sono quelli che più si rivolgono al medico). Tuttavia è il rapporto di fiducia esistente tra medico e paziente che condiziona soprattutto questa scelta. La gestione del paziente non può prescindere dalle aspettative del paziente stesso, pertanto se egli teme la presenza di un malattia, grave difficilmente potrà essere a lungo rassicurato senza l'esecuzione di accertamenti diagnostici. Il compito del medico di base è quindi difficile nel discrirninare quali pazienti necessitino di un immediato riscontro diagnostico e quali possano essere inizialmente trattati con un approccio sintomatologico di attesa.
Nel decidere quale strategia seguire può aiutarci il riscontro di fattori di rischio per la presenza di una dispepsia organica. In assenza di questi fattori gli accertamenti invasivi possano essere posticipati dopo la valutazione di un trattamento empirico.
La presenza di malattia organica è più probabile se il paziente presenta uno o più dei seguenti fattori di rischio.
a) Età > 45 anni, in particolare se non è mai stata effettuata una endoscopia
b) In presenza di "segni di allarme": anemia, calo ponderale non spiegato, vomito ricorrente, disfagia, masse addominali, sanguinamento GI
e) Consumo regolare di aspirina e/o FANS
d) Anamnesi familiare positiva per cancro gastrico
e) Anamnesi personale positiva per ulcera peptica
d) Mancata risposta della sintomatologia ad un adeguato ciclo terapeutico con antisecretivi e/o procinetici, o rapida recidiva dei sintomi alla sospensione della terapia.
In presenza di uno o più di questi fattori di rischio si raccomanda di procedere ad approfondimento diagnostico.
Mentre è pratica consolidata il poter rimandare con sicurezza eventuali accertamenti diagnostici nei soggetti giovani che lamentano per la prima volta sintomi dispeptici con presentazione clinica non allarmante, è opportuno eseguire accertamenti nei soggetti che presentano segni suggestivi per possibile patologia organica.
Questi accertamenti possono essere di primo livello quali:
EGDscopia + biopsie + H. pylori
Esami di laboratorio + ricerca sangue occulto fecale
Ecografia addome superiore.
Oppure di secondo livello quali:
Phmetria esofagea e gastrica
Acidimetria gastrica
Studio svuotamento gastrico/colecistico
Manometria esofagea/gastrointestinale/vie biliari
Studio secrezione bilio-pancreatica
Breath test/studio malassorbimento
Studio allergie alimentari
Esami di laboratorio (fT4, TSH, PTH, ANOS, anticorpi antigliadina, anticorpi antineurone)
TC/RMN
ERCP
Biopsia profonda rettale (ricerca amiloidosi)
Nei cosiddetti accertamenti di primo livello la esofagogastroduodenoscopia è predominante, quale esame iniziale, in quanto specifico per le forme organiche più frequenti, mentre la valutazione ultrasonografica, in assenza di coliche biliari tipiche, trova indicazione iniziale nel sospetto di forme neoplastiche o degenerative epato-pancreatiche (12).
Alcune ricerche hanno evidenziato che l'esecuzione immediata di un esame endoscopico risulta vantaggiosa nella gestione del paziente rispetto al trattamento empirico, in quanto, oltre ad evidenziare quadri patologici insospettabili clinicamente, tende a rassicurare il paziente, costituendo una strategia vincente dal punto di vista economico, poiché una certa quantità di pazienti trattati empiricamente deve essere successivamente sottoposta ad accertamenti.(13-14).Giova tuttavia rilevare che non sono attualmente disponibili studi che confrontino i benefici di una endoscopia immediata con le altre strategie, che sono state successivamente proposte, prevalentemente basate sulla cura dell'infezione da H. pylori.
La posizione dello specialista è evidentemente diversa rispetto a quella del medico di base e non può spesso prescindere dall'esecuzione di accertamenti diagnostici quando ne viene richiesto l’intervento.
Accanto agli esami di prima istanza, se non già eseguiti, lo specialista può disporre di accertamenti più sofisticati.
Il confronto tra l'accuratezza diagnostica di una batteria convenzionale di accertamenti (laboratoristici, radiologici, endoscopici, ultrasonografici) rispetto ad una più sofisticata (comprendente test per le allergie alimentari, oltre che a valutazione della motilità del tratto digestivo superiore, del reflusso duodeno-gastrico e gastro-esofageo) ha evidenziando la presenza di alterazioni funzionari in un ulteriore 40% dei pazienti (15).
Le differenze di strategie diagnostiche-terapeutiche fra medico di base e specialista devono essere valutate alla luce delle recenti conoscenze sul ruolo dell’H. pylori nella malattia peptica e sulla disponibilità di accertamenti non invasivi per la sua diagnosi.
Alcune ricerche hanno evidenziato la sicurezza ed il vantaggio di omettere accertamenti invasivi per pazienti con negatività sierologica per infezione da H. pylori, ottenendo una riduzione del 40% del numero delle endoscopie eseguite ed un risparmio farmacologico (16). Solo il 4% dei pazienti H. pylori negativi, e quindi non sottoposti inizialmente ad esame, è stato successivamente sottoposto ad endoscopia, costituendo una percentuale molto più bassa dei pazienti che vengono sottoposti a endoscopia a seguito del fallimento della terapia empirica se non è stato effettuato uno screening sierologico.
Solo il 25 % dei medici di base ed il 17 % degli specialisti utilizzano tale strategia con la differenza che, mentre i medici di base frequentemente trattano direttamente con terapia eradicante i soggetti positivi, credendo quindi che l'H. pylori possa avere un ruolo patogenico anche nelle forme funzionali, gli specialisti sottopongono ad endoscopia i pazienti risultati positivi, trattando solo quelli con provata malattia peptica. Inoltre, a differenza degli specialisti, solo un ridotto numero di medici di base controlla l'avvenuta eradicazione (17).
Il riconoscimento del ruolo detenuto dall'infezione da H. pylori nelle più frequenti cause organiche di dispepsia e del suo possibile coinvolgimento in molte forme cosiddette funzionali assegna automaticamente a tale infezione una importanza non trascurabile nell'impostazione delle strategie di gestione del paziente dispeptico. Basti ricordare un recente studio prospettico che ha dimostrato che solo il 5 % dei pazienti H. pylori negativi ha una malattia peptica rispetto al 47% dei positivo. Accanto perciò ai tradizionali approcci basati sull'endoscopia immediata e sulla terapia farmacologica empirica, è stata proposta una terza strategia, basata sull'identificazione dell'infezione da H. pylori.
Alcuni autori, a questo proposito, suggeriscono un approccio radicale proponendo l'eradicazione del batterio in tutti i pazienti infetti, a prescindere da ogni accertamento endoscopico (18-24)
Ma questa strategia, cosiddetta "test and treat", non è ovviamente l'unica attualmente proposta, ed è necessario un efficace sforzo educativo nel suggerire le più corrette strategie terapeutiche, perché un'errata iperprescrizione di antibiotici amplificherebbe il già preoccupante problema delle resistenze non solo in ambito gastroenterologico .
Nonostante i miglioramenti delle conoscenze fisiopatologiche, molte incertezze rimangono quindi nel trattamento della dispepsia.
Differenti strategie sono proposte in letteratura per la gestione dei pazienti giovani in assenza di indicazione per una immediata endoscopia.
1.Terapia empirica, seguita da endoscopia nei non-responder:
a base di antiacidi o antisecretori in tutti i pazienti
a base di antisecretori o procinetici a seconda della presentazione sintomatologica
basata su un brevissimo trial con inibitori della pompa protonica per evidenziare forme acido-correlate o presentazioni atipiche della malattia da riflusso
2.Endoscopia, seguita da eradicazione in caso di infezione da H. pylori
3.Test non invasivi per l'infezione da Hp serology, seguiti da:
endoscopia ed eradicazione nei pazienti positivi
eradicazione nei pazienti positivi ed endoscopia per quelli negativi
eradicazione nei pazienti positivi
4.Eradicazione in tutti i pazienti, a prescindere dall'esecuzione di un test, seguita da endoscopia nei non-responder.
Ricordata l'importanza di eseguire immediati accertamenti nei soggetti con dispepsia insorta oltre il 45' anno d'età o in presenza di situazioni cliniche suggestive di patologie gravi, nessuna delle differenti proposte suggerite in letteratura può essere considerata a priori ottimale, o superiore alla altre, in quanto non sono stati tuttora realizzati studi idonei a comparare differenti approcci. La sola, storica, proposta di terapia con H2-antagonisti per tutti i pazienti, sembra decisamente inadeguata perché tale terapia risulta di efficacia inferiore all'eradicazione dell'H. pylori nella malattia peptica, di scarsa utilità complessiva nella gestione delle forme funzionali, e deludente in termini farmacoeconomici rispetto ad un approccio endoscopico diretto.
Queste valutazioni teoriche costituiscono ovviamente solo stimoli per studi appropriati.
A fronte di questa massa di dati, spesso confondenti, quale può essere l'approccio che appare oggi maggiormente utile dal punto di vista pratico? Sono state suggerite linee guida per la gestione della dispepsia che prevedono di prendere in considerazione l’età, la presenza di segni di allarme e l'esecuzione di test per l'identificazione dell'infezione da H. pylori in tempi precoci, quale screening per l'individuazione dei pazienti che con maggiore probabilità possono presentare lesioni endoscopicamente rilevabili.
E’ però necessario che il medico identifichi il paziente preoccupato essenzialmente di essere portatore di una forma neoplastica, per il quale nessuna rassicurazione, in termine probabilistici, potrà mai avere un successo paragonabile a quello ottenibile dall'esecuzione di un'endoscopia. Per i pazienti preoccupati di non conoscere la causa dei propri sintomi la proposta di un test non invasivo, la diagnosi di una malattia infettiva curabile e la proposta di una terapia in grado di curare efficacemente tale malattia potrebbero garantire anche un supporto psicologico, oltre agli effetti diretti. In ogni caso il paziente sarà rassicurato solo se potrà rendersi conto che lo stesso medico è certo nelle proprie linee gestionali.
Anche per questi motivi, l'utilizzazione dei test per la ricerca dell'H. pylori sembra utile,lasciando aperta però la questione del trattamento delle forme H. pylori negative o di quelle che non risentono del trattamento eradicante. Nel primo caso, e qualora non siano evidenziabili alterazioni agli accertamenti strumentali, sembra ragionevole prendere in considerazione altri meccanismi fisiopatologici, quali le alterazioni della motilità o l'ipersensitività.
Accertata la natura funzionale della dispepsia, il trattamento farmacologico è indicato quando la qualità di vita del paziente risulta condizionata dalla sintomatologia, nonostante le rassicurazioni sulla natura non organica dei sintomi e dopo l'adesione a direttive non farmacologiche (consigli dietetici, astensione dal consumo di alcol e tabacco, etc)
La terapia farmacologica della dispepsia funzionale è sostanzialmente empirica, basata sul sintomo prevalente.
I farmaci utilizzati nella dispepsia funzionale sono soprattutto i procinetici (cisapride) gli antidopaminergici (metoclopramide, domperidone),neurolettico (levosulpiride), antiacidi, antiulcera. I procinetici agiscono sulla motilità gastrointestinale attraverso uno o più dei seguenti meccanismi: 1) direttamente o indirettamente promuovendo il tono colinergico; 2) antagonizzando i neurotrasmettitori ad azione inibitoria (ad esempio serotonina, dopamina); 3) mimando l'azione noncolinergica-nonadrenergica di alcuni agenti che aumentano la motilità.
Per quanto riguarda gli antidopaminergici, numerosi trial hanno dimostrato l'efficacia della metoclopramide nel trattamento sia della gastroparesi che dei sintomi in pazienti con dispepsia, tuttavia il suo utilizzo è limitato dalla possibile comparsa di effetti collaterali dovuti al passaggio del farmaco attraverso la barriera ematoencefalica (sonnolenza, eccitazione, tremori, e, in alcuni casi, anche effetti extrapiramidali) .Il domperidone non presenta effetti collaterali sul sistema nervoso centrale, non attraversando la barriera ematoencefalica, ma è stato dimostrato indurre iperprolattinemia con conseguente galattorrea, ginecomastia e mastalgia.La levosulpiride(25-50 MG) è un neurolettico che a basso dosaggio stimola la motilità gastrica e colecistica probabilmente attraverso un meccanismo antidopaminergico e rappresenta uno dei pochi psicofarmaci per i quali esistono studi controllati che dimostrano una superiorità rispetto al placebo nel controllo dei sintomi in pazienti con dispepsia funzionale .
Il cisapride (10 mg) è in grado di aumentare la motilità dell'intero tratto gastrointestinale, facilitando il rilascio di acetilcolina dalle terminazioni nervose del plesso mioenterico. Nei trial clinici in pazienti dispeptici, il 60-90% dei pazienti trattati ha avuto una buona risposta clinica, associata ad una bassa percentuale (3%) di effetti collaterali (per lo più diarrea) .
Nei pochi studi comparativi esistenti, i pazienti con dispepsia funzionale sembrano rispondere altrettanto bene al trattamento con cisapride, metoclopramide o domperidone, tuttavia alcuni pazienti rispondono anche al’uso di antiacidi o antiulcera. Sono comunque segnalati in letteratura casi di pazienti nonresponder in maniera soddisfacente al trattamento con metoclopramide o domperidone che sono stati trattati con successo con cisapride.
Altri farmaci, dimostratisi in grado di intervenire sulla dismotilità gastrointestinale, sono in fase di sperimentazione clinica. Per alcuni analoghi ormonali, quali gli analoghi della somatostatina (ad esempio, octreotide) o del GNRH (ad esempio, leuprolide), è prospettato un possibile ruolo prevalentemente per il controllo di alterazioni a carico della motilità intestinale, mentre per altre sostanze, quali la fedotozina, che è un agonista dei recettori oppioidi di tipo k, l'effetto procinetico sembra di minore importanza rispetto al possibile intervento sulla sensibilità viscerale. Ancora incerto il ruolo clinico dell'antagonista della CCK loxiglumide, mentre si va consolidando l'esperienza sulle capacità procinetiche del macrolide eritromicina e degli altri analoghi della motilina (tra cui i sintetici motilidi), che esercitano un efficace effetto contrattile, almeno se somministrati e.v.
1) In caso di dispepsia simil-ulcerosa l'uso di antiacidi e talora di antisecretori può essere utile.
2) In caso di dispepsia simil-motoria, l'impiego di farmaci procinetici ecc può essere utile.
Considerazione particolare merita il gruppo di pazienti affetti da dispepsia funzionale (assenza di lesioni endoscopiche) con positività per H. pylori La presenza del batterio si associa strettamente alla gastrite cronica, l'eradicazione dell'infezione comporta un netto miglioramento del quadro istologico della gastrite. Tuttavia non è stata stabilita in modo definitivo l'esistenza di un chiaro nesso tra la gastrite istologica e i sintomi dispeptici
La letteratura scientifica non fornisce un supporto adeguato alla terapia dietetico-comportamentale della dispepsia, ma la tradizione medica insegna che essa può svolgere un ruolo determinante e gli stessi pazienti dispeptici ricercano spontaneamente, e richiedono modificazioni delle proprie abitudini alimentari al fine di limitare il disagio della "cattiva digestione". Perciò consigli dieteticocomportamentali, come quelli elencati nella tabella, devono sempre precedere l'eventuale prescrizione di una terapia medica ed, eventualmente, affiancarla. Va evidenziato tuttavia come la dispepsia non sia tanto legata al tipo di alimentazione ma piuttosto a come è, funzionalmente, l’appato digerente nel momento in cui si introduce quel tipo di alimento
Consigli comportamentali e dietetici.
Effettuare pasti piccoli, ipocalorici e frequenti
Masticare accuratamente i cibi solidi
Ridurre gli eventi stressanti ambientali o migliorarne la percezione, soprattutto durante il periodo postprandiale
Limitare l'assunzione di fibre alimentari e di grassi se i sintomi prevalenti sono rappresentati da ripienezza postprandiale, nausea, inappetenza
Limitare o eliminare l'assunzione di alcool, caffè, tè, spremute di agrumi, brodo di carne e latte se il sintomo prevalente è il dolore o il bruciore allo stomaco.
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Tabella 1. Cause di possibile dispepsia organica
Canale alimentare
ulcera gastrica, ulcera duodenale, cancro gastrico, cancro intestinale, esofagite, ernia iatale, gastrite, duodenite, atrofia gastrica, colon irritabile, malassorbimento, morbo celiaco, lesioni ostruttive, angina intestinale, pseudoostruzione idiopatica, infezioni intestinali
Altri organi digestivi
Pancreatite, litiasi biliare, cancro pancreas, cancro colecisti, insufficienza epatica
Organi addominali extradigestivi
patologia apparato urinario (litiasi, idronefrosi, pielonefrite) patologia apparato genitale (tumori, dismenorrea, endometriosi)
Gravidanza
Esiti interventi chirurgici addominali
Altre patologia
metaboliche (diabete, alterazioni elettrolitiche, porfiria, uremia) endocrinologiche (iper-ipotiroidismo, iper-ipoparatiroidismo, insufficienza corticosurrenalica) cardiovascolari (angina coronarica,pericardite) sistemiche (LES, coliagenopatie, amiloidosi) neuromuscolari, psichiatriche
Farmaci
antiinfiammatori steroidei e non steroidei, antibiotici, digitale, teofillina,potassio, ferro
Alcool